Bacigalupo Valerio - Torino Club Fedelissimi Granata Pesaro

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VALERIO BACIGALUPO

Il segreto di Bacigalupo era odiare il pallone


Vado, per i torinesi che scendono al mare, sono le due ciminiere rosse e bianche che segnalano il porto cioè il mare, e si vedono quando ancora con l'auto si è sugli Appennini (c'è anche una terza ciminiera, ma è molto più piccola e spesso sparisce). Vado, per i torinisti, è quel paese, escrescenza di Savona, dov'è nato Valerio Bacigalupo detto Baci e Baciga, il grande portiere del Grande Torino, quello che "parava tutto, anche i calci di rigore", come disse nel suo discorso Ottonino Barassi, presidente della Federazione, il giorno dei funerali di quelli di Superga. Ci sono dei torinisti vecchissimi che qualche volta dicono ancora Manlio per dire Valerio. Manlio Bacigalupo era fratello di Valerio, e aveva giocato nel Vado, nel Genoa, un anno il 1927-28 - nel Torino, perché a Torino faceva il servizio militare: dieci partite (il titolare era Bosia) nella squadra granata che aveva vinto lo scudetto, ribadendo una superiorità vanificata, la stagione precedente, dalla revoca del titolo per lo scandalo Allemandi. I Bacigalupo, di origine contadina, gestivano a Vado uno stabilimento balneare. Papà, mamma, otto fratelli e tre sorelle. Umberto, calciatore del Vado e del Savona; Manlio già detto; Angelo calciatore del Vado, del Savona, del Prato, dell'Acireale; Vittorio idem; Pierino del Vado, dell'Imperia, del Savona. Ugo, morto a 18 anni, e Riccardo non hanno mai giocato sul serio, facevano i parrucchieri e la domenica lavoravano. Valerio, nato il 12 maggio 1924, ha fatto Vado, Cairese, Savona e a parole Genoa: nel senso che era considerato già rossoblù, sulla scia di Manlio, ma il contratto non era stato ancora firmato: e nella crepa burocratica si infilò il Torino: 160 mila lire al Savona, per Valerio 80 mila e l'incasso di un'amichevole precampionato a Savona, ma soprattutto la garanzia di partire titolare per il campionato che andava a cominciare, quello 1945-46. Valerio era già una piccola leggenda ligure. Parava i rigori. Era pazzo il giusto per essere un grande portiere. Era buono, arrogante il giusto per non darsi mai battuto, spavaldo il giusto per essere simpatico. Molto genuino. Atleticamente un gatto, capace di arrivare bene anche sui tiri alti, nonostante la statura non eccelsa, 176 centimetri.A 14 anni giocava titolare nel Vado. A 17, portiere di una rappresentativa giovanile ligure impegnata a Torino contro quella piemontese, e vittoriosa per 1-0, si faceva notare dai tecnici granata, che cominciavano a seguirlo e non lo lasciavano più. In quella rappresentativa giocava anche un promettente terzino spezzino, Sauro Tomà.

I due si sarebbero ritrovati insieme nel Toro del 1947: Tomà vi arrivò come riserva di Maroso, giocò molte partite, non andò a Lisbona, per quel volo tragico. Ancora due anni fa Pierino Bacigalupo giurava che, sulla rotta Barcellona-Torino, l'aereo che tornava dal Portogallo aveva fatto due giri su Vado: sempre l'aereo del Toro li faceva, quando passava sopra le ciminiere, perché Valerio chiedeva al pilota quel favore.
La storia di Valerio Bacigalupo è forte e tenera. A Torino si ambientò bene, vivendo agli inizi in una pensione di via Nizza, con Rigamonti bresciano e Martelli mantovano. Il trio era forte in amicizia, debole di fronte alle tentazioni della città e alla possibilità di concedersi alcune licenze: come quella di fare a pugni con Boniperti juventino, dopo un derby, episodio che appartiene alla più gagliarda e tutto sommato sana storiografia western della rivalità cittadina.
Bacigalupo tornava spesso a Vado, giocava partitelle di spiaggia, davanti a un mare sempre più sporcato dal progresso che appunto faceva nascere le ciminiere. Nel Torino aveva trovato la fiducia massima, anche quando la sua giovane età si traduceva in inespenienza pericolosa. Aveva tardato, rispetto ai suoi compagni di squadra, a farcire la Nazionale, e il suo cognome era l'unico che mancava a fare tutta grana-ta la squadra azzurra nella partita del 1947 contro l'Ungheria, dieci del Toro nell'I-talia ma l'undicesimo era il portiere suo rivale massimo, Sentimenti della Juventus. Però, una volta scelto dal ct Pozzo, Bacigalupo si era affermato come inamovibile.
La sua foto-monumento è quella di una parata a San Siro contro l'Inter, nell'ultima partita del Toro in Italia prima della tragedia: un volo a opporsi in torsione, con il braccio destro, al pallone che stava per entrare in porta nell'angolo alto alla sua sinistra. La parata decise lo 0-0 e in pratica assegnò lo scu-detto ai granata. L'ultima grande parata italiana di un portiere che aveva esordito nel Torino in un derby, trafitto su rigore da Piola allora in bianconero. Per quella pri-ma volta, Bacigalupo aveva chiesto a Sentimenti IV, suo omologo juventino e suo idolo, di posare con lui. E portava sempre la fotografia con sé, nel portafoglio.
Baci diceva che il segreto era quello di odiare il pallone, di considerarlo come un nemico che non doveva entrare in casa. Odiandolo così lo aveva fermato un giorno che Manlio, sulla spiaggia di Vado, gli aveva tirato contro una specie di rigore. Valerio era un bambinello, il pallone lo aveva colpito e lui sembrava svenuto e Manlio era disperato. Ma poi Valerio aveva aperto gli occhi e aveva detto ridendo:
"Ti ho fregato due volte, ho parato il tiro e ti ho spaventato".


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